Ti Amo se ti Rispetto

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Il progetto dell’associazione Fermati Otello, Ti Amo se ti Rispetto, è rivolto ai ragazzi e le ragazze delle scuole superiori dell’area metropolitana per coinvolgerli in un processo culturale di consapevolezza sulla prepotenza, la sopraffazione e la diseguaglianza.

L’obiettivo del percorso proposto all’interno delle scuole è quello di facilitare nuovi atteggiamenti e comportamenti sociali e relazionali, spesso ostacolati da stereotipi e luoghi comuni.

Il progetto si compone di due fasi: un’indagine esplorativa di base, con un questionario rivolto ai ragazzi e ragazze in aula e un lavoro di formazione in classe, dove, per ogni classe, si condurranno tre incontri, di due ore, in giornate separate.

La parte iniziale del progetto ha coinvolto 138 studenti, che hanno compilato in forma anonima un questionario di 21 domande sulla percezione della violenza.

Il primo dato della ricerca che colpisce è l’immaginario comune per ragazzi e ragazze nei confronti degli atteggiamenti violenti in termini di fisicità e sessualità.

Lo scarto invece aumenta quando si ragiona sulle espressioni verbali, ad esempio sulle battute a sfondo sessuale. In questo caso le ragazze si dimostrano più sensibili alla violenza espressa verbalmente, indicata dal 39,6% dalle ragazze e dal 30,6% dei maschi.

Questo significativo scarto indica che il problema si annida ancora in una cultura che continua a non sancire o condannare il linguaggio maschile offensivo nei confronti delle donne e che troppo spesso viene ancora considerato come uno scherzo, una battuta o addirittura una lusinga. Le ragazze lo colgono e lo subiscono, i ragazzi lo alimentano, considerandolo in qualche modo naturale.

Questa riflessione è avvalorata anche dalle risposte sull’auto-percezione e il giudizio sui motivi per i quali si agisce adottando apprezzamenti e battute a sfondo sessuale, contatti fisici ai limiti della molestia e prese in giro sui social network: l’abbigliamento e il trucco da parte delle ragazze sembrano “giustificare qualche volta” comportamenti di questo tipo per ben il 63,8% dei maschi contro il 46,1% delle ragazze.

Inoltre il 21,2% delle ragazze afferma che “bisogna stare attenti a come ci si veste o ci si trucca”. Viceversa, per le ragazze, un certo abbigliamento o una cura estetica particolare da parte dei ragazzi, induce a giustificare un loro apprezzamento verbale (70,2%) e solo una minima parte del campione (17,0%) arriverebbe a giustificare una presa in giro, anche con battute a sfondo sessuale.

È in questa dimensione sottile e delicata che l’educazione deve intervenire, nella speranza di prevenire i pensieri – ancor prima che i comportamenti – offensivi e prevaricatori nei confronti delle donne.

Dall’indagine sono emersi altri dati, come ad esempio la maggiore sensibilità dei ragazzi nel considerare il tema dell’aggressività nella relazione con le persone. In questo senso i ragazzi si dimostrano assai più sensibili delle loro coetanee: il 34,1% dei maschi dichiara che la violenza ha soprattutto a che fare, appunto, con l’aggressività interpersonale, rispetto al 22,6% delle femmine, che lo considera un problema rilevante.

Essendo proprio i maschi a produrre maggiormente comportamenti aggressivi, ma anche osservare e subire violenza, sono essi stessi a segnalare il problema: vittime e carnefici di relazioni apertamente conflittuali, violente e aggressive.

Il dato di una sostanziale parità nelle risposte tra ragazzi e ragazze si ritrova anche quando si affronta il tema della violenza subita: la domanda “ho subito qualche volta violenza” è stata confermata dal 50,0% dei maschi e dal 50,9% delle femmine.

Colpiscono, inoltre, i luoghi e le occasioni indicati come teatro dell’aggressività. Non solo lo stadio (53,6%) o le manifestazioni di piazza (46,4%), ma anche discoteche e pub (30,0%), che sono solitamente luoghi di divertimento.

L’esperienza di ricerca segnala un ulteriore elemento di riflessione: le giovani generazioni incontrano “la violenza” quotidianamente. Infatti all’84,7% degli intervistati (qualche volta per il  78,8% e spesso per il 5,9%) è capitato di assistere a episodi di violenza. Si è trattato soprattutto di azioni fisiche (75,9%), secondariamente di espressioni verbali (64,2%) e nel 10,2% dei casi di episodi che riguardavano la sfera sessuale. La reazione prevalente è stata quella dello “spavento” nel caso di azioni fisiche, e del “silenzio” nel caso delle espressioni verbali violente (35,8%). Ed emerge una tenue predisposizione a coinvolgere i presenti o chiedere aiuto.

Dall’indagine è emersa l’esigenza da parte degli studenti di affrontare la questione violenza. In particolare le ragazze desiderano far comprendere il “senso dell’offesa”, anche delle battute, che non devono essere considerate uno scherzo, mentre i ragazzi dichiarano di aver assistito e di subire episodi di violenza, tanto quanto (anche se in misura leggermente inferiore) le loro compagne di classe. Tutti chiedono di offrire occasioni di approfondimento (54,8%), parlarne di più per far emergere il problema (40,7%), lavorare insieme, uomini e donne, per fare dei passi avanti (36,8%) e agire concretamente nel quotidiano (36,0%).

#TiAmoSeTiRispetto

 

 

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